lunedì 28 settembre 2015

avventura pazzan

E anche con Maria Pazan
è finita.

Non era la prima volta
che mi imbarcavo
su una zattera.

Sapevo che prima o dopo
sarebbe arrivato un giorno greve.

Sapevo che i marosi
mi avrebbero cinto
e sbalzato.

Sapevo che alla fine
sarei affondato.

Anemona et Luana docunt.


La lezione è sempre la stessa:
numquam amare mignus!

E' stata un'avventura pazza.

Ma nonostante lo schianto
non posso negare di aver gioito.

Rifarei tutto con Pazan.
Riberrei il calice avvelenato
sino alla feccia.

Adesso devo solo
dimenticare.

L'amore deve esistere
da qualche parte.

Ho gambe forti.

Lo troverò.

martedì 22 settembre 2015

Marcella

Questa lettera la dedico a te
cara Marcella.

Solo il diavolo avrebbe scommesso
sulla nostra amicizia.

Solo il diavolo ha l'occhio acuto.

Per un atroce scherzo del destino
siamo soli.

Viviamo soli.
I nostri parenti sono distanti.

Non abbiamo una famiglia
con cui condividere la realtà
quotidiana.

Tu l'hai avuta.
E ne hai passate tante:
la guerra, il matrimonio,
una figlia, la perdita del coniuge,
la malattia.

Io non ho nulla da raccontare.

Il presente è vuoto,
il futuro mi angoscia.

Ma non lo dico a nessuno
perché mi vergogno.

Nessuno ci chiederà
come abbiamo vissuto.

E se dovesse accadere,
mentiremo, per buona educazione.

La solitudine ha forgiato le nostre anime.

E intanto arriva l'autunno.
L'ennesimo.

Preparami un caffè
cara amica.

Forse non è ancora tardi
per essere felici.

mercoledì 1 luglio 2015

la via del vizio (risposta a Merluzzi)

Pacio Merluzzi è un aspirante Ganimede
che di recente ha depilato i capezzoli
per "seguire la moda"
e per piacere dannunzianamente
e senza esito ad una tata romana.

Afflitto da fobie insanabili
(alcune delle quali risibili, come ad esempio
il bussare alla porta dell'abitazione
d'una baldracca sudamericana
per paura di disturbare la quiete
di quattro manovali romani dediti
a ubriacarsi placidamente
nel cortile d'un condominio di Pavina
durante un sabato sera),
Ganimede Merluzzi
ha definito la "via del vizio"
con riferimento alle abitudini sessuali
di uno sfaccendato
bracciante meridionale che lavora
saltuariamente
in una ditta geocentrica.

Per Ganimede Merluzzi
la via del vizio (e del peccato)
consiste:

1) nel consumare rapporti carnali quotidiani
con giovani meretrici romane
(sopratutto con una certa Priscilla Pazan,
con cui lo stesso Merluzzi
ha tentato in hotel
un paio d'amplessi dagli esiti
disastrosi);

2) nel non cercare, da parte del bracciante meridionale,
"l'amore" bensì solo il sesso
(che il bracciante cerchi solo sesso e non "amore",
questa è una fanfaluca del Merluzzi;
inoltre Merluzzi si fa le seghe alle due di notte
-non sappiamo con quanto "amore"-
guardando pornazzi o pensando alla tata);

3) nel ritenere sterile, se non nociva,
l'assidua frequentazione della mignus
romana Priscilla Pazan, verso la quale
il bracciante meridionale nutre simpatia
e una forte attrazione fisica.

Al contrario del Merluzzi,
cresciuto tra sensi di colpa e fobie medievali,
l'incolto bracciante si sente felice di fottere
quasi quotidianamente la Pazan
(e le altre amichette) in mezzo a verdi praterie
e sotto la frescura delle quercie:
sopratutto gli dà gioia esprimere
la sua virilità di uomo adulto
con una donna che apprezza
il suo cazzo.

E -anche se Ganimede Merluzzi
non lo crede
perchè la sua psicologia è piccola-
anche il bracciante sa amare le donne:
non solo con il cazzo
ma anche con il cuore...

Perchè allora il bracciante non si cerca una ragazza?
-obietta Merluzzi in coro a tutti i baccalà.

Ma è proprio quello che fa.
Ogni giorno.
Con ardore, coraggio e determinazione.

Sa che il suo vagare è minato, tutto in salita.
Sa che nel lago in cui nuota ci sono piragna e caimani.

Ma poi vede Priscilla.

E la mattina gli appare una promessa
del Sole.

mercoledì 24 giugno 2015

la cremina della felicità (storia di M.)

La conobbi dieci mesi fa.

Stava a una fermata del bus.

Ballava scuotendo le chiappotte
mentre ascoltava orribili
canzonette rumene
con le cuffiette.

Lo show
attirò la mia attenzione.
Mi avvicinai per osservarla meglio.

Quel viso e quelle chiappotte
meritavano d'essere sborrati.

Orecchini pacchiani a forma d'aquilone
rubati in una merceria cinese.
Sgargianti stracci di nailon,
anch'essi cinesi.

Biondina.
Nanerottola.
Viso d'una bambola.
Occhi azzurri.
Carne bianca come il latte.
Gambe corte e tozze.
Piedi piccoli e tozzi, come quelli d'un australopiteco.
Zizze piccole e avvizite
non in grado di avvolgere grossi membri
ma comunque buone da ciuccià.
Ventre flaccido con lieve pancetta.
Culetto sodo e pieno,
ideale da manducare
e sfondare a pecora.
I capelli odoravano di sebo.
Le ascelle di cipolletta.

Cos'aveva questa nanerottola rumena
che mi eccitava,
abituato com'ero a fottere
fighette profumate e fottomodelle russe?
Non lo so: fatto sta che vicino a lei
il cazzo mi scoppiava.

La biondina ci sapeva fare.
Lo prendeva in bocca senza guanto
manducandolo con dolcezza
mentre tanta bella saliva colava.
La fica stretta si sfondava come burro: una delizia.

Ora la porto a casa.
Due ore di furibondo piacere,
a scopare e riscopare finché
il pizzo s'intosta.

Un pò di musica
e mi scuote le chiappotte e la fighetta
sotto il naso.
Alle ragazze piace piacere
e far rizzare cazzi:
è nella loro natura profonda
far le puttane...segno di fecondità e salute.

Tra una ficcata e l'altra mi racconta
aneddoti della sua stravagante vita.

Con le tue avventure
potresti scrivere un libro cara M.
Potresti venderlo a pippari
e intascare qualche soldino.
So che non lo farai.
Per te i libri sono carta per accendere
il camino.

E allora in tuo onore
scriverò qualcosa io per te.
Per ricordare al mondo che donna
incredibile sei.

Quando arrivasti nello stato pontificio
al seguito d'un pappone zingaro,
eri una ragazzetta timida e cicciottella.
Non parlavi l'italiano e non sapevi fare le pimpe.
Nascondevi i soldi nelle lattine vuote
della pipsi cola.
Imparasti a ciucciarlo
esercitandoti con le banane.

Poi il pappone fu accoppato a pistolettate.
Eri libera, non dovevi spartire i soldi con nessuno.
Dovevi sposare un avvocato rumeno.
Il giorno del matrimonio hai mandato tutto all'aria
e sei andata a fare la mignotta.
Poi hai sposato un povero disgraziato:
lo hai accannato dopo averci fatto
un pupetto.
Il baccalà è ancora innamorato:
ma con una birbantella non c'è speranza.

Hai anche un altro figlio
avuto con un altro tizio.
A quanto ne so lo hai denunziato
per papponaggio
all'uopo di evitare che ti togliesse il pupo.

Nella vita non hai fatto solo la buttanella:
per un certo periodo consegnavi pane ai negozi
con un furgone; ti alzavi alle quattro
e partivi; alla sera tornavi
a scuotere le chiappotte sul marciapiede,
per arrotondare il salario.
La ditta, d'un anziano cliente,
ti aveva persino messo in regola.

Il giorno dell'esame guida
partisti di quinta.
La macchina puzzava e fumava:
ti accorgesti che il freno a mano era tirato
dopo aver percorso trenta chilometri.
Una volta per tornare a casa
imboccasti il raccordo
contromano: la polizia invece d'arrestarti
fu così gentile da accompagnarti all'uscita giusta
lungo la corsia d'emergenza, sempre contromano.

Guidi come una pazza a duecento all'ora
e con l'assicurazione falsa.
Lamentandoti di me, che secondo te prendo tutte le buche.
Cambi auto con la frequenza con cui cambi mariti:
da ultimo hai comprato un'alfia romeo grigia
e per rimetterla a posto hai speso cinquemila neuro.
(un vero affare).

Una volta l'alfia romeo non partiva.
La batteria s'era scaricata.
Amò puoi venì?
Vengo ma non so come aiutarti.
Fidate, me serve solo la tua batteria.
Fantastico -penso. Resterò a piedi anche io.

Arrivo e con un corredo di chiavette inglesi,
dopo una serie di smontaggi e rimontaggi di batterie
(da me eseguiti) che non sto a descrivere,
rimettiamo in moto l'alfia romeo
e la zat.

Hai visto quante cose famo insieme?
Scopamo, famo i mecanici...divertente no?
Senz'altro-rispondo, con le mani nere
e i polpacci punti dalle zinzare.

La bacio e me ne vado.
Per chiudere in bellezza la serata
la birbantella dimentica il telefonino sulla cappotta
dell'alfia romeo e lo perde.

Un'altra volta accompagno la birba
al tribunale di Merdetri
per una testimonianza che doveva
rendere in un processo per usura (mi pare).
Degli sbirri l'avevano vista ai pratini mentre riceveva
le minacce d'un trans messicano
e volevano che testimoniasse la circostanza.
Gli sbirri le rompevano le palle
da un anno con atti di citazione a teste
notificati sinanco durante il coito.
L'udienza era fissata a mezzogiorno.
Si fanno le tre e mezzo e finalmente la chiamano
(intanto il cazzo mi scoppia).
Come si chiama?
M. Z.
Che lavoro fa?
Attualmente non occupata.
Il giorno ics era nel posto ics?
Si.
Un avvocato dice qualcosa ai giudici circa
l'attendibilità del teste.
E' ritornata sul posto ics?
No.
Può andare.

M. si alza.
E' incazzata.
Tre ore ad aspettare
quattro domande imbecilli.
Fuori dall'aula
manda a cagare giudici e avvocati.

Annamo a scopà amò.

I tuoi clienti sono per lo più sessantenni dal cazzo moscio:
c'è di tutto, da quello che beve la pipì
a quello che ti massaggia i piedi tozzi per due ore
senza manco tirarselo fuori per una sega.

Da parte mia
vorrei mozzicare e sborrare
i tuoi chiappotti per l'eternità.

Ieri, dopo due ore a pistonà
e dieci mesi che ci frequentiamo
ho visto il nettare del piacere
sulla tua bella fica rosa.

Cos'è quella cremina?
E' la cremina della felicità...

Voglio sfondarti la fregna cara M.
Sopratutto voglio farti godere.
Voglio la tua cremina in abbondanza.

Voglio il tuo nettare
perchè mi fa sentire felice e virile.

venerdì 24 aprile 2015

M.

Unico epitaffio
la lieve brezza di Zefiro
che carezza in silenzio un prato
cosparso di margherite.

M.

Il tempo passava inutile.
Poi arrivò.
L'oro dei capelli.
L'avorio del corpo.
L'azzurro adamantino degli occhi.

Piccoli seni
da libare come frutti teneri e dolci.

Tenera, rosea,
stretta la porta del piacere.

Per me Eros non dorme
in nessuna stagione:
come il vento di Tracia infiammato di lampi
infuria accanto a Cipride
e mi riarde di folli passioni,
cupo, invincibile,
con forza custodisce l'anima mia...

Domenica staremo insieme, forse.

E un giorno,
un giorno, forse,
sarai mia.

martedì 27 maggio 2014

la via

Cosa rende un uomo
superiore?

La fede religiosa
può essere la manifestazione
di una volontà intrinsecamente salda
oppure, all'opposto,
il sintomo della insicurezza
e della debolezza di un essere.

Per l'anodina orda
la potenza
è il potere sulle cose,
il disporre di esse.

Ma è vero potere?
O sono le cose
ad aver potere sull'uomo?

Cosa rende un uomo
superiore?

L'aver trovato
la via d'uscita
alla legge dell'accidente.

quanto basta

Dopo aver fatto esercizi spirituali
con Maria
vado a mangiare un kebab
dagli amici di Pomponia.
Poi compro due birre
e chiamo Binda.
Sta comprando del pesce
dalle parti di cessina.

Ci vediamo per le dieci,
dammi solo il tempo
di perdermi per le fottute paludi
di Streguccello
con uno scaracchio di benzina
nel serbatoio.

Il cancello è aperto.
Percorro la salita e parcheggio.
Buio pesto.
Due cani mi fanno la festa.
Uno è uro, il noto meticcio
che si accoppia con le marmitte
delle alfa romeo,
l'altro è uba, una lupetta
recentemente adottata da Binda il magnifico.

Con la fioca lampadina
del cellulare mi faccio strada verso l'ingresso
(nota: a casa di Binda l'ingresso è ovunque).
Vedo una capoccia nera armeggiare ai fornelli.
Che si tratti di Gigi il papaveromane?
Di che mi parlerà stasera?
Delle passeggiatrici che lo hanno respinto?
O della nonna che ha visto un ufo?

No: la capoccia nera è del maggiordomo
rumeno di Binda.
Sta cucinando
una grezza polenta scondita
e delle sarde fritte impanate
con farina di granturco.
C'è anche un altro tipo,
un cicciottello taciturno che fissa
un portatile.

Ciao ragazzi.
Binda è di là.
Metto le birre nel freezer.

Ciao magico.
Ciao binda.
Infilo un paio di ciabatte.
Binda sta imparando su iupub
a preparare l'insalata di polpo.
Un pianista e un'insalata di polpo.

Il maggiordomo rumeno cucina bene.
Ha quarantasei anni.
Magro,
un bel volto dai lineamenti sottili,
una bella barba nera,
mani e braccia forti,
occhi neri e intelligenti.
Poche parole al momento giusto.
Il segreto della birra è l'acqua.
La cosa più bella della vita
è scopare.
Immergerlo nella zuppa
calda della fica
e guardare
una donna contorcersi di piacere.

Le sarde sono eccellenti.
Croccanti
poco unte e gustose.

Insieme al teatro verde
Binda vorrebbe aprire un bordello.
Non si può caro Binda.
Se quegli escrementi al governo
non modificano la legge merdin
non puoi farlo.
La sfinanza e la dogos
ti sbatterebbero dentro e addio
teatro verde e Beethoven.
Senza considerare gli anatemi
dei bigotti e delle zecche.

Ti getti distrutto sul letto.
Anche io sto a pezzi.
Sopra il pianoforte la foto di una persona cara
che non c'è più.

Ciao Binda.
Saluto anche il maggiordomo con la barba nera.

Stavolta non mi fotti
disgraziata palude buia.
Non confonderai più il mio destriero
di fuoco.
Ho memorizzato bene
il percorso.

Chissà se Y. sta già dormendo.
Forse è in discoteca a divertirsi un pò.

Chiudo gli occhi stanchi.

E' solo una bambina.

Le voglio bene.

E un pò pure lei a me.

E' tutto.

E' quanto basta.

mercoledì 21 maggio 2014

Febo

Gli ateniesi si ingannavano
credendo che Febo dominasse la Pizia.
Il parlare dell'oracolo era oscuro
affinchè ogni cosa potesse
contenere il suo opposto.

Cassandra e Isaia
invece vedevano solo più in là,
dove comincia la ruga e la stanchezza
d'un popolo.

La polvere di Tartaro intacca
tutti i troni della terra.
E' facile da presentire:
ma pochi hanno la vista così aguzza.

Le regole dell'universo sono
le stesse ovunque:

oggi hai il telefonino
per conoscere
il tuo anodino futuro;
ieri avevano una vergine
e le viscere di una capra.

Non dovrai temere per il domani,
l'anestesia della tua anima è già in atto.

Non credere che il dio ti ascolti.
E' l'errore più grande.
Egli esige: non concede.

Persino l'ultimo degli alessandrini
riderebbe di te, dei tuoi desideri piccini.

Aveva ragione Porfirio:
il dio non asseconda ciò che è basso e piccolo
ma solo il permanente, il definitivo.

Con le parole, suoni audaci,
non concluderai mai nulla.
Non salirai mai di un gradino.

La prossima volta ti racconterò
la storia di un uomo.

Per l'ennesima volta.

martedì 20 maggio 2014

zat

E così, mio caro lettore, vuoi che ti racconti
un'altra storiella.
Ma non sei stanco di storielle il cui epilogo
è la semenza o la morte?

Hai imparato, caro amico, a non essere imboccato?
Hai imparato a disprezzare le scorciatoie?
Aneli la salita, il precipizio, il sacrificio
della tua carne e della tua anima?

E perchè vuoi tutto ciò,
ammesso che lo vuoi?
Lo sai che non c'è ricompensa?

Cosa?
Lo fai per amore?
Per quella cosa che scompare
come il vento?

Oppure lo fai perchè senti
quanto anodina è la vita
delle scimmie addormentate?

Cerchi l'Io?
Sai che non dovrai concederti
alcuna indulgenza?
Non lo troverai facilmente.
Sarà più facile che Circe ti muti in porco.

Dovrai bere il boccale avvelenato
di Mefisto e sopravvivere.
Dovrai ascoltare la preghiera di Euridice
e non voltarti mai.

Non sarebbe meglio invece pascere
i desideri effimeri degli asserviti?
Non sarebbe meglio giocare
con i telefonini che scattano foto?
Non risiede lì, in fondo,
nel futile
del nostro egoismo,
la felicità o almeno la sua ombra?

Non senti come il canto della sirena
che ti sprofonderà nell'abisso
è l'unica via possibile?

Michela.
In tre mesi non ha nemmeno
fatto una telefonata
alla povera Isabella.
Eppure sono state amiche,
vivevano e dormivano
sotto lo stesso tetto.

Un altro cuore di granito.

Carezzo il volto di Isabella.
Povera ragazza.
Ventiquattro anni.
Quante ne hai passate.
Estate e inverno a battere,
pure la domenica.

Il volto scuro, le mani screpolate dal sole
e dal vento.
Grandi occhi neri,
testimoni di una lacrima
custodita con dignità.
La mamma che non c'è più.
La canaglia che ti ha rubato il borsellino
e dato le botte.

Ciao Isabella.

Dove andrò?
E chi lo sa.

Ci andrò con la mia zat 700.

E con il ricordo dei tuoi occhi
neri.

venerdì 28 marzo 2014

la risposta

E così, mio orribile Anneo,
il vero saggio dovrebbe anelare la sventura
come l'atleta anela prove più ardue
ed avversari più forti con cui misurare
ed accrescere la propria forza.
Addirittura egli non solo dovrebbe anelare
per sè
la sventura, il dolore e la morte:
egli addirittura dovrebbe provocarli
sine saevitia
ma con la serenità del dio.

Allo stesso modo il potente carro
di Arjuna
deve portare sulla terra
la strage di amici e parenti
senza cupidigia.

Una volta la tribolazione
trovava giustificazione
nel dio eterno e nell'anima immortale.

Poi arrivò un malato
che liquidò dio e l'anima
e giustificò il male
con l'eterno ritorno dell'identico.

Era l'ennesima maschera,
l'ennesimo futile dogma
di un malato d'eternità.

Avrei voluto chiederti una cosa
caro Anneo.
E se quest'anima fosse integralmente mortale
e di essa non rimanessero che vermi?
E se il mondo anzichè esser governato
da leggi eterne e dall'ordine
fosse invece uno scherzo provvisorio del caos?
E se quel dio ci fosse così estraneo
al punto da dover ammettere
la sua irrilevanza?
Rispondimi Anneo, con il cuore puro.
Ti sacrificheresti ancora?
Aneleresti ancora la morte, la fatica
il dolore e la sventura?
Davvero il sacrificio sarebbe saggio?
Immagina per un istante
che nessuna ricompensa
esista per il nostro agire
dopo la morte.
In virtù di cosa continueresti
ad agire?

Conosco la tua risposta.

E' il monito del vento
che percuote il mio volto.

E' il silenzio
più forte di tutte le sorti.

martedì 11 febbraio 2014

le figlie di Kalì

Questa notte ho sognato Madalina Ariana.
La ragazza per cui avrei dato la vita
e che Cletus portò via con sè.
Era un sogno erotico.
Ma non solo.
Era un sogno di nostalgia e di tenerezza.
Quella tenerezza senza cui non solo
il sesso è un atto bruto e inutile
ma senza cui la stessa vita è solo
l'assurdo frutto del caso.

Madalina non s'intendeva di fellatio.
Ma a me non importava nulla di fellatio.
A me importava soltanto attingere
l'azzurro dei suoi occhi.

In te Madalina Ariana
mi perdevo nel primigenio fiume
del Piacere,
in quell'energia cosmica che solo germoglia
dalla composizione
dei due in Uno.

Mi mordevi le labbra e la lingua
fino a quando il mio piacere esplodeva
dentro di te.

E poi è finito tutto.
Sei scomparsa.

La retta via ero smarrita.
Cominciò un'odissea.

Venne l'altra Madalina.
La bambina eterna Anemona.
Mi uccise e se ne andò.
Non rimase nulla,
come di Tebe e Cartagine.

Breve come il passaggio di una cometa
fu l'incontro con Luana.

Sempre la solita storia:
egoismo, incapacità di amore,
assenza d'ogni tenerezza,
asservimento spasmodico al denaro.

Ma che cosa potevo pretendere
da queste povere ombre?
Come uno stolto
andavo cercando amore e tenerezza
in creature che non avendone mai ricevuto
non potevano nemmeno darlo.

Queste creature sanno
solo succhiare sangue.
Una volta spolpata e dissanguata
abbandonano l'agonizzante vittima
senza pietà alcuna.

Da ultimo Michela.
Anche Michela probabilmente è
una sirena.
E come insegna Odisseo
delle sirene
bisogna diffidare.

La sirena è una creatura crudele
che dopo averti sedotto
ti affoga nell'abisso.

Credete che sia possibile
salvare e amare
le figlie maledette di Kalì?


Madalina Ariana fu un'eccezione.

Un'anima delicata e nobile
ancora capace di amare.

domenica 26 gennaio 2014

burranello

Dove va la vita?
Va dove ciascuno la conduce.
Qualcuno va dritto sparato all'inferno;
non perchè sia cattivo
ma perchè l'inferno è l'unica
strada che conosce.

Ed eccoci al distributore di chioppa
a vuotare il sacco e i borsellini.
Binda è un eroe:
sta lottando come un leone
per creare il teatro verde.
E' a pezzi:
ha perso la mamma,
dorme con i muratori rumeni,
non sborra da una vita
e sgobba senza sosta.
Eppure non si arrende.

La tua fede, il tuo impegno
e la tua onestà
ti premieranno caro Binda.
Il premio non saranno i soldi,
carta straccia
inventata per asservire gli uomini.

L'unico premio per un uomo nobile
è il vivificante amore che riceve dagli altri:
prova del valore della sua opera.

Anche Rigates pensa solo al lavoro.
Usa la minchia solo per pisciare
e non sente il bisogno di una donna.
Sarà poi davvero finita con Taxi?

Taxi, dal canto suo, non vuole perdere
Rigates e così dove c'è lui
c'è immancabilmente anche lei.
Aveva trovato un uomo eccezionale:
ma lo ha perso
perchè ai valori della famiglia
e del sacro connubio
preferisce i distributori di chioppa
e gli aperitivi con le zitelle.

All'opposto di Taxi
(che non conclude un cazzo)
è Candy: con devozione e pazienza
ella ha conquistato un uomo.
Albi è un uomo fortunato:
e non dovrebbe trascurare questa fortuna.

Poco importa se l'anno prossimo
scade il contratto, caro Albi.
Un lavoro si trova sempre:
la donna della vita invece
si trova, se si trova,
una volta soltanto.

Alla fine c'è l'umida fossa è vero:
ma almeno, nell'ultimo istante,
grazie alla stretta dell'amato,
meno duro sarà
il tragitto di Caronte.

Anche Zarapuppis è a un bivio.
Non si tratta di metterlo dentro
ad una ragazzina albanese,
operazione semplice
che persino un ciandala
porterebbe a compimento.

Si tratta di accettare finalmente
i pesi e le responsabilità dell'amore:
il sacrificio quotidiano
del proprio egoismo,
la fedeltà, il dono costante
della propria vita all'altro,
la cessazione dell'increscioso
ruolo di clown con cui giustifica
ogni sua bassezza morale e civile.

Riuscirà il clown a diventare un uomo?

Al distributore di chioppa è presente
anche Geppina, la sorella di Rigates.
Mentre Rigates
burbero e un pò triviale
non sarebbe stato il soggetto
ideale di Raffaello Sanzio,
Geppina invece è una ragazza graziosa
e riservata.
Rigates mi fa sapere che non sarebbe
contento se mi fidanzassi con Geppina,
probabilmente a causa delle mie
sbandate giovanili.
Senza fare paragoni estetici o morali
con Milaus,
non senza dolore
incasso il colpo.
Ma confesso che mi sarei aspettato
maggiore clemenza
da colui che per quattro anni
sbandò con Taxi.

E infine io, amici miei.

Sapete bene che il mio sangue
è bastardo:
qualche feroce saraceno
dovette infettare col suo seme
una mia ava.

Vivo in questo mondo
ma non vi appartengo del tutto.
Ogni tanto me ne vado a zonzo
per l'abisso
e visito il reame dell'ambiguo
mettendo alla prova le fragili
ragnatele dei miei nervi.

Sapete infine che l'oggetto della mia
liberazione
coincide con quello della mia servitù.

Gli dei vollero senz'altro beffarsi di me.

Ma un giorno sarò libero.

Il giorno in cui Burranello
sarà solo
il ricordo di una prateria.

senza fato

Funesto fu il fato a colui
che non seppe amare.

La colpa di chi è
se dio non c'è?
la colpa è tua?
o è di qualcuno?
o è di nessuno?

Cosa è l'amore?
Non sbagliare: non confonderlo
con la bella sensazione del coito!
Perchè le sensazioni
vengono e se ne vanno spudorate
senza chiedere il permesso.

E anche tu mia bella Michela
un giorno te ne andrai
come la bambina eterna.

Qualcuno sa morire di Bellezza?
Nella perfezione di un tramonto indaco?
E l'anima?
Salperà per gli inferi?
Oppure si perderà tra le stelle?

Ti sdraiavi
posando la bella testa ondulata
sull'erba di maggio.
Il sole ti accarezzava
e chiudevi gli occhi
ascoltando il tiepido sussurro del vento.
Comprendesti mai
il miracolo della lacrima
che sgorga dalla gioia?

E se fosse troppo tardi
per essere felici?

Qualcuno dovrà pur morire di Bellezza.

giovedì 23 gennaio 2014

la parca

Quando quattro anni fa cominciai
questa mediocre composizione di scritti,
sotto la forma di un diario aforistico,
ero nel pieno di una profonda crisi nervosa.
Sentivo ancora
il fiato della morte
che mi era passata accanto
occludendomi una coronaria.
Partii con lo zio Borrado per l'Egitto,
paese abietto,
in cerca di lavoro.
Andò male.
Furono due mesi orribili
di pippe, solitudine e noia mortale.
Scrivevo cosucce patetiche,
come oggi del resto,
che mi costarono l'amicizia
di un uomo straordinario:
Lando Bradone,
noto come il Saruman dei Landi.
Così tornai a Zelletri,
presso il notaio Renzi
e il maestro e amico Mario Prodi.
Con il magnanimo Prodi mi divertivo:
passavamo più tempo al bar
a mangiare cappuccini e cornetti
o dentro pescherie e negozi d'antiquariato
che dinanzi agli scranni dei giudici.
Che minchia dovevamo fare mentre
l'abominevole macchina giudiziaria
italiana impudridiva?

Ormai avevo le idee chiare:
quel mestierucolo da avvoltoi
intriso di falsità, soverchieria e
miserabile retorica
non faceva per me.
Io anelavo l'antico ius,
la spada e la bilancia,
la giustizia concisa
del giureconsulto romano,
non l'accozzaglia confusa
e contraddittoria
delle leggi e della monnezprudenza italica.

Abbandonai così per sempre
il verminaio degli avvoltoi.
Mi parve la fine di un incubo.
Nonostante l'infarto
mi ripresi completamente:
correvo, nuotavo e fottevo
come gli stalloni.
Gettai tutti i medicinali nella spazzatura
(salvo l'asburina che ogni tanto prendo ancora).

Per comprare qualche libro,
i videogiochi e amare le mignus,
(a quei tempi c'erano Riza,
la rumena diciottenne Alessandra,
e la transfuga Noemi)
mi misi a vendere olio d'ulivo
a ricchi industriali veneti
per conto di Mario Prodi
e la signora Averno.
Avevo finalmente tempo da dedicare a me.

Letterariamente questo momento coincise
con l'amicizia di un uomo particolare:
il Patucchi.
Egli, dopo la breve parentesi del
minorato f.bux minchiarelli,
divenne il mio pupillo.

Cosa ci accumunò?
La ricerca disperata della patacca
e dell'amore.
Il Patucchi, col frenulo ancora intatto
e dopo tredici anni di pippe,
attratto dalle giovani mignotte rumene,
con la bava alla bocca
decise di emulare il mio esempio.

Dopo tre anni però
il sodalizio si sciolse:
il Patucchi
pentito d'aver sborrato fiche
che mai più sborrerà gratis,
è ritornato alle consuete pippe solitarie;
mentre io,
incapace d'amarmi da solo,
servo d'una tentazione assoluta,
sborro con potenza e devozione
Michela.

Col Patucchi si chiude un'era.

La fanciullezza è interiore dicono.
Falso!
La messinscena della giovinezza
può ingannare l'asino,
non l'occhio prudente della Parca.

E così, non potendo tornare più giovinetto,
vorrei un fanciullo.
Da amare come amico, fratello e figlio.
Da educare e condurre sul sentiero
del mondo e della Bellezza.

Il compito sarebbe arduo.
Eppure tenterei lo stesso.

martedì 31 dicembre 2013

last chiss

Ed eccoci al termine di quest'annus horribilis,
caro Albi.
La fortuna del cinico è l'insensibilità:
inversamente, invece, essa costituisce la catastrofe
per l'uomo giusto, cioè per colui nelle cui vene
scorre la grumosa linfa del pathos.

Che cosa è successo in questo anno?
Sono stato vinto e piegato più volte.
La sentenza, inesorabile, fu una:
la sconfitta di un animo,
la sua incapacità a resistere al male senza
che il male stesso abbia segnato il suo
marchio sulla fronte e nelle viscere.

Madalina, poi Madalina Anemona.
Il costante incubo del vuoto e della solitudine.
Dieci chili di carne persi.
L'incapacità di imporre e fissare
una disciplina, una via, uno scopo.
L'incapacità della tenacia,
del dominio, del controllo, della padronanza
che contrassegna colui che sa dirigere
se stesso...

Anche lo spirito si impoverì
sino a ristagnare in un deserto arido e cupo,
il cui unico frutto fu il silenzio e il freddo sentore
della morte.
Là dove una volta, al pari delle generose mammelle di M.,
sgorgava l'amore, l'abbondanza e la riconoscenza per la vita,
d'un tratto fu il buio:
mi persi e non ebbi più a ritrovarmi,
come accadde forse anche al povero mutumattu.

E così, solo come un cane,
d'estate andavo a nuotare a Zemi.
Entravo nell'acque torbide, senza degnare d'uno sguardo
alcuno.
Mi allontanavo sempre di più dalla riva,
con in cuore la segreta e spavalda speranza
di non tornare più.

Bracciata dopo bracciata, seguendo i suggerimenti
del paterno Rigates e l'olimpico esempio di Albi,
il fiume mi diventò fratello.
Esso mi diceva: non arrenderti.
Tanta forza giace ancora in te, fratello mio.
Impara la mia forza:
limpido specchio fuori,
limpido e puro esempio di calma suprema;
dentro invece la forza invisibile dell'abisso,
che ogni cosa accoglie
e dove ogni cosa scompare
pur rimanendo custodita in eterno.
Impara questa forza
e falla scorrere nelle vene
sino a quando tu stesso diventerai
l'abisso di te stesso...

Per il resto, cari amici, quest'anno
non ha riservato grandi sorprese.
Tutto quello che è accaduto
era facilmente prevedibile,
come il movimento statico del pulviscolo
e della risacca.
L'intervento alle calvizie sostenuto da Buralix,
divenuto ormai un grande uomo d'affari e di successo,
è andato a meraviglia, perchè al mitico e prudente
Buralix tutte le ciambelle riescono col buco.
Il divorzio tra Taxi e Rigates era inevitabile,
poichè Rigates era stanco
delle vuote velleità di Baccabel.
Elio, alias il Patucchi, è rimasto una pippa
poichè in lui domina la pigrizia e abbonda la stultizia
(di recente il ciandala si è rivolto contro il Papa,
reo di aver viaggiato a bordo
di una ford anzichè di una mercedes).
Binda continua ad essere l'ingenuo e candido idealista
che tutti amiamo, non senza qualche polemica da strapazzo.
Patrizio Conti rimane il taccagno di sempre:
e tuttavia gli si vuole bene grazie
alla simpatia e alla genuina ironia
che lo ha sempre distinto.

Tu, caro Albi, rimani sempre
un monolite inesplicabile:
aspettiamo che ti decidi a sborrare dentro
senza guanto e procreare:
ma forse tu e la cara Candy non siete
fans dei pannolini...

Il B. rimane il caro e vecchio amico
di sempre: è diventato un pò più saggio
da quando è nato Zico.
Il dono del B. è di trasmettere al prossimo
l'entusiasmo e la gioia di vivere.

A.r., pittore mistico e dannato,
attualmente inoccupato,
racimola collette e si consola scolando
bottiglie di vino con l'inseparabile amico Belpino.
Ultimamente il pittore mistico è peggiorato,
parla male un pò di tutti, s'incazza facilmente
e canticchia di continuo ritornelli napoletani.

Belpino del resto è il migliore:
poichè la sua generosità e il suo slancio per gli amici
sono immensi e sconfinati
(come potrebbe altrimenti sopportare il pittore mistico A.r.?)

Del Saruman dei Landi non so nulla:
ma mi auguro che stia bene e che accresca in salute e saggezza.
Ogni tanto lo scorgo a bordo d'un relitto bluastro, uno pseudo fuoristrada
di fabbricazione polacca (una Landa?)
oppure, con indosso una giacca o una camicia da frocio,
a proferir auliche fregnacce, semi ubriaco e col volto verde d'una lucertola,
in qualche bar o in qualche evento zecchesco.
Se non fossimo due asini malati d'orgoglio
a quest'ora avremmo fatto pace
(com'era bello giocare insieme ai videogiochi...)

La sensazione finale, terribile,
osservando le nostre vite,
è che esse siano segnate.
Nessuno può essere diverso da ciò che è:
per questo nessuno è libero.

L'anno prossimo chiederò a Michela
di sposarmi.
Le sborrerò dentro, senza guanto.
Buralix, vecchio amico di Noemi,
sarà il testimone di nozze.
Il B. insieme a Zico
spruzzeranno di spumante gli invitati.
Il Patucchi, vestito da pinguino,
farà l'autista.

Il rito sarà celebrato in latino
da Rigates
con la festuca in mano.
A.r. avrà ampio accesso
alle bevande etiliche
ma non dovrà bestemmiare per non turbare
la sensibilità della signora Averno.

Il viaggio di nozze,
sovvenzionato da Mario Prodi, il Patucchi,
Rigates ed Albi,
avrà come meta Venezia.

La creatura che uscirà dal grembo
di Michela si chiamerà Madalina.

E se tutto ciò non dovesse accadere,
nè l'anno prossimo nè mai,
pazienza.

Succederanno altre cose.
E forse
ve le racconterò...

sabato 26 ottobre 2013

Michela

E così, cara Michela, sei tornata.
Non hai preso la patente perchè i libri della teoria
erano "tropo grussi".
E allora che cazzo hai combinato in tre mesi mentre mi scoppiava
la cappella?
Sei andata in "muntagna" a vedere il cielo...

La mia vita, qui, è una discreta merda.
Fossi almeno capace di qualcosa.
La trascendenza mi pare il mero frutto
degli oppiacei.
Mi rimane solo l'esempio stoico:
il sopportare sino alla fine senza cedere.


Tornando terra terra,
rilevo la costante sensazione
della vanità di tutte le cose:
più sono attratto da esse,
più in esse scorgo il fondo del perituro
e della delusione.
Le donne, ad esempio,
sono dei begli involucri di carne.
Ma dentro sembra che siano vuote,
salvo il consolatorio buco della
patacca e un vano conformismo.

E tu invece vai in muntagna a vedere il cielo,
cara Michela...

Una sera d'agosto il caro Albi ebbe a dire
che una donna
per fare la puttana
deve avere in sè qualcosa di marcio,
qualcosa che è andato storto.


Come obiettare o confutare
la tesi del caro Albi?
E' possibile?
E in te, mia adorata Michela:
che cosa è andato storto,
che cosa in te è marcio,
che cosa ti ha condotto
sulla via di Sburranello?

Già un paio di volte la bambina eterna
mi scaraventò nell'abisso.


La bambina eterna succhiava sangue a litri.
E tu Michela?

Che cosa è andato storto?
La ziat amaranto
non lo sa.

venerdì 25 ottobre 2013

lo schiavo

Filiberto Glandini è un giovane romano
ossessionato dalla ricerca dell'amore.
Per far colpo sulle donne,
egli inscena la parte del pagliaccio folle
che ad ogni costo e a ogni piè spinto
cerca di suscitare l'ilarità generale
a mezzo di miserabili battute da cabaret.
Il risultato di tali pagliacciate,
nel segno della mediocrità,
è sempre un disastro:
a parte il saltuario sorriso a denti stretti
di qualche zitella in decomposizione,
la sensazione complessiva è di una forzatura
e di un generale fastidio degli astanti.

Le coetanee appartenenti al ceto sociale del Glandini
semplicemente gli danno in culo,
salvo il caso di due o tre zitelle
conosciute all'oratorio
e belle come la fame d'inverno.

Affetto da un' assoluta inettitudine in eroticis,
il Glandini si consola con pipe,
massaggi cinesi
e la costante frequentazione di
meretrici dell'est
cui eiacula in bocca.

Un giorno,
un certo Brigates Pulcinelli,
anodino avvocato napoletano
invischiato nel losco giro
della prostituzione minorile,
convince il Glandini a tentare
la "carta vincente":
per soli diecimila dollari,
egli potrà conseguire l'agognato sogno
dell'amore (e della patacca):
recandosi all'uopo in una sperduta località
del Patakkistan,
potrà scegliere a suo piacimento
presso un apposito mercato di schiave,
una fanciulletta di dodici
o tredici anni,
appositamente venduta dalla famiglia
grazie alle barbare usanze
colà vigenti.

Subito dopo l'acquisto,
grazie all'ausilio
d'un funzionario civile corrotto,
il Glandini avrebbe sposato
la bambina ed ottenuto
le scartoffie necessarie per portarla
in Italia in qualità di moglie.

Così,
in mezzo a beduini e a cammellieri puzzolenti,
il Glandini, con la bava alla bocca,
sceglie la sua sposa:
una esile ragazzina di appena dodici anni,
dai capelli neri e la carnagione scura.

L'umile creatura si chiama Dandra:
al Glandini viene assicurato
che ella è vergine ed obbedirà
per tutta la vita
ossequiosamente ad ogni suo volere...

Rientrato nel belpaese con la bambina,
il Glandini
-eccitato come un cane
e straripante
d'un desiderio carnale represso-,
si unisce alla creatura
e senza neanche pensarci
le viene dentro:
la bambina rimane incinta.

Il Glandini è felice,
finalmente si sente un uomo realizzato
con una moglie e un futuro figlio,
al pari dei suoi simili.

Dandra invece soffre,
poichè è solo una bambina.
La notte, dopo aver assecondato
i turpi desideri carnali
di un uomo per cui non prova alcun affetto
nè attrazione,
piange silenziosamente
coprendosi il volto con il cuscino.

Decisa a non assecondare
le turpi voglie
di quell'uomo estraneo, nè di portare avanti
il peso della gravidanza,
la povera creatura,
con un gesto risoluto e inopinato,
in una mattina d'autunno,
si toglie la vita
gettandosi dal quinto piano d'un palazzo.

L'orribile tragedia sconvolge
il Glandini.

Perchè si è uccisa?
Poteva essere felice...o no?
Pazienza, peggio per lei:
devo essere felice, ad ogni costo...

Una settimana dopo i funerali
il Glandini
riparte per il Patakkistan.

Avrebbe scelto un'altra bambina
in quel lurido mercato di schiave.
Perchè la vita, in fondo, va avanti.

giovedì 17 ottobre 2013

la domanda di gisus

Respinto infine dalla negretta di Sermoneta
che scrive versi anodini,
il ciandala di col d'auricchio, Gisus Cazzucci,
al pari d'un barboncino in calore,
con la reiterazione tipica degli ossessi,
mi pone da tempo questa domanda:
che cosa devo (dobbiamo) fare per trovare l'amore?

A questa domanda, caro Gisus Cazzucci,
non so rispondere.
Avendo amato troppo, e invano, e troppo spesso,
mi sia concesso il silenzio
di colui che non ha più nulla da dire in merito.

Del resto, caro il mio Gisus Cazzucci,
la tua domanda, vecchia come il mondo,
oggetto di disquisizioni d'ogni sorta,
ha già ricevuto sufficienti risposte.

Ma una cosa è conoscere le risposte
-ammesso che queste siano corrette-
e altra cosa è metter in pratica le medesime.

Visto che le preghiere all'onnipotente
non ti hanno dato frutto alcuno,
potresti tentare molteplici vie.

Attenendomi al banale potrei consigliarti
di incassare i crediti (prescritti) inevasi dal Falli
e utilizzarli per una seria e generale chirurgia plastica
con finalità estetiche...
Anche se ciò, naturalmente non basterebbe,
poichè in ogni caso dovresti pazientemente
attendere il giorno in cui la scienza medica
sarà in grado di impiantarti il cervello clonato
d'un Buralix (o d'un Falli).

Su un diverso piano, invece,
sempre al fine di trovare una risposta alla tua
tribolata domanda,
potresti provare a cercare qualche libro di magia
nella biblioteca di Lucano
e vedere se trovi qualche intruglio a base di ali di pipistrello
e feti morti: dopodichè sarà sufficiente
invitare la negretta di Sermoneta
a bere una camomilla e mescervi di soppiatto la porcheria...

In alternativa, caro Gisus,
potresti partecipare assieme al mutumattu,
alla modica cifra di duemila dollari,
alle lezioni di rimorchio e autostima
tenute dai neo casanova
che tanto entusiasmano gli sfigati.

Oppure, oppure, Caro Patucchi,
anzichè dannarti per un amore non corrisposto,
potresti accontentarti dell'amore di Danelia Gracchietti,
o di Ganuela Mastromostri o di Alfia Dorelli.

Oppure, infine, potresti partire per l'India o il Burundi
e comprarti una schiavetta
che soddisfi i tuoi impuri desideri carnali.

Vi è da aggiungere, infine,
che nella remota ed eventuale ipotesi che tu trovassi l'amore,
di certo per te le tribolazioni non verrebbero meno:
se non sarai in grado, prima di tutto, di recidere
o quantomeno regolare, attenuare e normalizzare
il morboso vincolo che ti lega,
alla stregua d'un infante, a Barina e Lucano.

Tu stesso, lucidamente, una volta,
prendesti atto di una tale necessità, ne "il cordone".

Nel finale di quella storiella,
il cordone, come per incanto, si scioglieva da sè.
Ma nella realtà, nella vita, le cose stanno diversamente
caro Gisus.
Nella realtà, ahimè, i cordoni vanno recisi
con un atto di volontà.
Altrimenti....

mercoledì 16 ottobre 2013

glandini

Faustus Melchiorre Glandini è un uomo alla deriva.
Privo di un centro interiore, di un "Sè",
egli brancola nel buio di un'esistenza anodina,
condizionato dalle mille preoccupazioni che affliggono
i suoi contemporanei borghesi.
Un'amore non corrisposto verso una negretta che scrive versi,
una professione che economicamente non decolla mai,
un legame morboso verso genitori ansiosi
precludentegli uno sviluppo sano,
una fede religiosa vissuta piattamente e passivamente,
la ricerca continua di passatempi ed evasioni di massa,
la costante frequentazione di giovani prostitute dell'est:
ecco, in summa, la vita del Glandini.

Un'insicurezza costante,
persino nello scegliere il colore della carta igienica,
è il fondo, la radice ultima dell'anima del Glandini.
In un certo modo Glandini pasce questa insicurezza,
non le si oppone mai,
poichè essa, con l'abitudine, è diventata il prontuario perfetto
e la giustificazione ultima di ogni cappellata che egli compie.

Una sera d'ottobre il Glandini,
stanco di tutto,
si reca a passeggiare presso il lago di Femi.
Mentre cammina, ristorato
dalla vista del lago, dai colori morbidi dell'autunno,
dagli odori del bosco,
una fanciulletta,
nascosta dietro una fratta,
lo chiama.
Psssssss! Pssssssss! Ehi tu!
Vieni qui baccalà!

Glandini si gira... e sconcertato
vede la ragazza.
E' completamete nuda.
La pelle è bianca come il latte;
i capelli, lievemente ondulati, tralucono oro;
il seno è piccolo, come quello d'una adolescente;
i capezzoli hanno color di un'alba rosa;
il pube, magnifico, è cosparso di una leggera peluria bionda,
come un campo di grano.
Il viso è quello d'una dea biricchina,
forse Artemide o forse Afrodite...

Sconvolto dalla visione uterea,
il Glandini, impietrito dalla bellezza della fanciulla,
non riesce a proferire nemmeno una sillaba.

La fanciulla, per nulla in imbarazzo,
esce dal riparo, afferra d'impulso
la mano tozza del ciandala
e lo conduce in un bel prato verde...

Privo di qualsivoglia capacità volitiva,
al pari d'un meccanismo ignoto,
il Glandini osserva sè stesso obbedire alle regole
di un sogno voluttuoso...
il suo corpo si inginocchia sotto la fanciulla,
e la sua bocca riceve il caldo e sipido umore
sgorgante dalle sinuosità tepide di quel sacro pube....

La fanciulla sospira, ansima, grida...
il Glandini inghiotte il piacere della dea.

Infine la donna, ridendo tra sè, scompare,
correndo nel bosco.

Il Glandini, stupefatto, con ancora in bocca
il sapore della creatura, ode una voce femminile
che gli dice:

Tu puoi essere felice,
stupido d'un mortale!

sabato 28 settembre 2013

Terra Uterea...e Pippus Cazzucci

E così il caro Pippusbaldi Chicazzè si è innamorato di nuovo.
Niente scarti di sagrestia stavolta
-nè zitelle mentecatte grazie al Cielo- :
finalmente il suo fiuto da barboncino in calore ha individuato
una creatura intelligente.
Sebilla Zurlì, autrice del diario Terra Uterea,
è una scrittrice dotata di una certa finezza letteraria
e di un'ironia acuta e briosa.

Innamorarsi, caro Pippusbaldi, è sempre un rischio:
e il rifiuto è sempre un trauma.
E pur tuttavia, quando il desiderio gonfia con vigore il petto
e i coglioni, ci si getta dal burrone con la temerarietà dei barboncini in calore.
Ci si schianta e con la schiena spezzata si maledice, troppo tardi,
quello che un tempo era il nostro idolo.
L'idolo d'oro crolla e dietro le crepe sgorgano oscene le viscere
madide e scure d'un essere mortale.
Saremo capaci di pietà verso gli idoli infranti?
Questo è l'atto ultimo dell'amore, caro Gisus Cazzucci...


C'è da dire che quando è in calore, Pippusbaldi
sviluppa un'esplicita gelosia dai tratti paranoidi.
Il terrore che io (!) possa soffiargli Terra Uterea o metterlo in cattiva luce
dinanzi ad essa, lo rende aggressivo e nervoso.
Stia sereno e tenga a bada le sue sciocche fobie!
E' evidente che il ciandala ignora i gusti e il codice morale d'un etneo.

Molto probabilmente Terra Uterea, con l'ironia che la contraddistingue,
annovererà il ciandala tra quelle cavie di sesso maschile che, sospinte da un impulso al coito,
cercano di far colpo su di essa attraverso qualche trovata pagliaccesca più o meno riuscita.
Ma questo è un finale ovvio: e quindi spero di essere smentito.

Infine, un augurio a Sebilla.
Finire nelle anodine schiere degli avvocatucoli romani,
in mezzo al marciume, alla piccolezza e all'ipocrisia proprie a questa
genia, sarebbe il più grave peccato contro l'indole
e la vocazione di questo essere.
L'augurio, pertanto, cara Sebilla è che la tua strada sia un'altra.
Quella delle parole magari, vergate con la delicata verità del sorriso:
anche se, a volte, amaro.

domenica 15 settembre 2013

la mandorla

A volte, non senza dilacerazione, bisogna saper dire addio
alle creature e alle esperienze che un tempo ci resero felici.
Esse -a torto o a ragione, per caso fortuito o per quella particolare
coincidenza che corrisponde al nostro servo arbitrio-
si distaccano da noi, al pari del petalo, della luna e dell'imene.

La ricerca della colpa, la sua individuazione,
-ammesso che essa esista all'infuori del nostro miserabile orgoglio-
può essere un'eziologia sterile, tempo inutilmente buttato
appresso al rancore.
Una volta Socrate, colpito da uno stolto, rimase impassibile.
A chi gli domandò perchè non avesse reagito,
chiese quale senso avrebbe avuto reagire
alla percossa d'un mulo.

Analogamente, quando una creatura o un'esperienza
che un tempo amavamo, si rivela non più capace
di destar le tenere emozioni del passato,
anzichè puntar l'indice inquisitore,
bisogna saper voltar pagina con la serenità impassibile
degli dei.
La nostalgia, nel segreto d'una lagrima celata al mondo,
deve suscitare un ringraziamento per ciò che fu vissuto con gioia.
La delusione invece deve scorrer via presto,
altrimenti si accumula e imputridisce il cuore.

A volte le ragioni del distacco
sono dovute a contingenze risibili:
è il caso, ad esempio di Noemi e Luana,
cui, non senza dolore, ho dovuto dire addio.

Una fellatio sans gant
eseguita con in bocca una
caramella all'eucalipto extra forte,
tale da mandare
qualsiasi non etneo al pronto soccorso
con la cappella in fiamme,
ad esempio,
rappresenta una valida ragione per voltar pagina
con serenità...e qualche unguento al cortisone.

L'addio a Luana deriva invece dal suo essere
una ragazzina.
Non nego le mie inadempienze e i miei errori:
ma solo una bambina può adirarsi
e sancire addii per dei nonnulla.
Per te, cara Luana, sarei passato sopra
alla tua totale inettitudine in eroticis.
Invece a te è bastato un mio ritardo di due ore
e la ritrazione del mio membro
-cagionata sia dalla fellatio all'eucalipto di Noemi,
sia dalla tua indelicatezza-,
per adirarti e dirmi addio.
Un tempo, per farmi perdonare, ti avrei comprato
una borsetta di ello chitti con all'interno
un profumino bin bon alla vaniglia.
Ma a che pro se non mi ami
e se continui a far male all'amore?
Un vero peccato:
perchè il tempo delle mele per un etneo non trascorre mai...

Da ultimo vorrei ringraziare e lodare
Sabrina, una ragazza cinese di rara grazia.
Dinanzi alla tua umile premura, alla tua delicatezza,
alla tua simpatia e ai tuoi deliziosi morsetti,
io mi inginocchio e rendo grazie alla dea Afrodite.

Questa luminosa dea gioca sempre
a celarmi i suoi misteri.
Mille volti ella ha.
Questa volta, voluttuosa e candida
come la luce d'un sogno,
aveva gli occhi a mandorla.

venerdì 6 settembre 2013

ben apfel

E così, come un fulmine a ciel sereno,
tra i seguaci è sbucato
questo ben apfel.
All'inizio pensavo si trattasse
d'uno scherzo del Patucchi.
Niente scherzi invece:
ben apfel esiste davvero ed è uno scrittore del web.

Benvenuto dunque, caro felap.
Quando sarò in grado di prendere in mano un romanzo
leggerò la tua medusa e forse, se ne varrà la pena,
spruzzerò un'opinione in questa sede.
Nell'attesa ti auguro ogni bene, caro felap.

Al caro Rigates invece, che a ogni piè spinto
mi invita a scrivere romanzi e pezzi teatrali,
non posso che porgere un sentito ringraziamento
per la fiducia espressa.
Pur tuttavia, ahimè, non posso che deludere
le sue aspettative.

Mancano infatti gli elementi essenziali
che contraddistinguono il grande scrittore:
la volontà, la fantasia e il talento.
Forse c'è un pizzico di talento:
ma il talento da solo non basta.
Inoltre per romanzare bisogna fottere poco.
E ciò per me è impossibile.

Certo, mai dire mai.
Forse un giorno, quando avrò le palle rinsecchite,
potrebbe venirmi una seria ispirazione letteraria.

Infine, a chi non senza ragione
ravvisa una certa monotematicità
nella scrittura d'un etneo,
vorrei segnalare che la colpa
non è tutta dell'autore.
Se le vite dei suoi protagonisti
fossero più abbondanti, forse egli scriverebbe
più riccamente, diversamente e meglio.

Certo, non potete chiedergli di rinunciare
all'elogio della vita, dell'amore
e delle bambine.

Il suo unico scopo è imparare la felicità.
Non dimenticatelo mai.



giovedì 5 settembre 2013

un peto (Gigia Castrocazzi)

Davvero è il caso di occuparsi dell'inquietante fazenda
relativa a Gigia Castrocazzi Dorelli?
Probabilmente no: tuttavia un insopprimibile
senso di giustizia ed equità
nei confronti di Gisus Cazzucci mi impone di intervenire.

Invece di carezzare gatti e annaffiare gerani,
Gigia si è nuovamente accanita con Gisus Cazzucci.
Tutto per colpa di...un peto.
Ci si può adirare per un peto?

Non è la prima volta in onor del vero.
La prima bufera si scatenò all'incirca due secoli fa
quando Gigia Castrocazzi ebbe a sapere
che Gisus, dopo dieci lunghi anni di pipe,
aveva riscoperto il frutto del piacere
grazie ai servigi di qualche fanciulla a pagamento.
Solo la mente perversa e sessuofobica di Gigia
poteva scorgere un male nell'innocente atto di Gisus.

Il fatto di essere stata respinta da Gisus
in una notte di mezza estate, insieme ad un infantile
sentimento di gelosia, fece esplodere Gigia.
Dorelli si tramutò in stalker e cominciò a
perseguitare il povero Gisus, reo di essersi fatto
un paio di scopate.
Chi sei tu, Gigia, per condannare i coiti altrui?
Ti rendi conto di quanto corrotto è il tuo cuore?

Quando si abitano gli abissi della solitudine,
è facile perdere il lume della ragione.
Chi tenta di perseguire la felicità terrena
diventa oggetto d'odio da parte dei malriusciti.
Il malriuscito, anzichè gioire senza pensarci troppo,
odia il prossimo.
La cosa più straordinaria è che Gigia Castrocazzi
è una mia accanita lettrice.
Perchè?
Forse perchè, sotto sotto, ti piace ciò che scrivo
cara Gigia?

La bontà d'animo non è garantita
dal carezzare gatti e innaffiare gardenie.
Ti senti migliore di me, cara Gigia?
Non si direbbe, visto il tuo odio,
la tua intolleranza, la tua ristrettezza mentale
e la tua sciagurata stupidità.

Io, cara Gigia, non ti odio.
Odio però l'imbecillità delle zitelle acide e moraliste.

Infine vorrei dire a Gisus di stare tranquillo
e di non tartassarmi con le sue sciocche fobie
e richieste di censura.
La censura è un atto di castrazione
e a me non piace essere castrato.

Tu e Gigia farete pace e tornerete a mirare
arcobaleni uno accanto all'altra.
Ciò che vi lega non può essere infranto
da un peto.

Oppure si?






lunedì 2 settembre 2013

il geyser

Dopo una bella giornata trascorsa al mare con Albi
Rigates, Taxi, Candy, l'adorabile portoricana Lilly
e King Kong Bandi, intense eremozioni pervadono
l'animo e la pinga di...

Rigates, come un padre per noi, oltre a dispensare saggi consigli
su come aprire bordelli, fa la spesa e legge manuali di giurisporcizia.
Candy, in attesa d'impartire lezioni su Proust
a ventiquattro liceali,
tiene in ordine la cucina e prepara deliziosi caffè.
Taxi legge con passione romanzi rosa da due soldi
e balla al ritmo di canzonette latine scuotendo chiappe
non più fresche per la gioia degli astanti.
Albi, come sempre, si rilassa pensando alla fossa
e consultando a ogni piè spinto risultati sportivi sull'ifon.
Bandi, campione mondiale di minchiate,
dopo aver frequentato giardinieri cocainomani e dementi vari,
non senza provocare polemiche accese,
propugna ardite tesi in favore del libero amore
e dell'abolizione della proprietà privata.
L'amore non è mai libero, caro King Kong Binda.
Ma sono cose che capirai solo quando avrai spruzzato
senza pipa.
Per il resto, caro Bandi, non posso che riconoscere
la mia più totale imbecillità: tentare di farti ragionare
è infatti un puro atto di imbecillità.
Purtroppo per me non sono un genio
dotato di inclinazioni superiori ed evolute come gigi
ed il violinista sodomita cicciolini.

Infine Lilly che, pur non essendo più una bambina,
con la sua voce soffice e sensuale,
suscita inopinate rigidità là dove non batte il sole.
Ed è per questo, cara Lilly,
che questa sera mi concederò una carezza
pensando a te.
Naturalmente la tua partenza repentina mi addolora.
Avremmo potuto gioire insieme.

E tu caro Pippus Cazucci cosa mi racconti?
Sei andato a Fiumicino a vedere il geyser?
E con l'occasione, hai anche visitato il ribollente geyser di Alfia?
Quel geyser è per te caro Pippus...

lunedì 26 agosto 2013

Mig Nus

E così, miei sporchi tre lettori, mi domandate
perchè da due mesi non spargo più semenza
su questo diarucolo perverso.
Persino Adamo Pancozzi sente la mancanza di ciò che scrivo...
La prossima volta che ti becco sullo scranno, caro Adamo,
ti lancerò un peto, in segno d'amicizia.

Il perchè è presto detto, miei cari.
Quando si spruzza dentro le chiappette bianche delle bambine,
quando si nuota ogni dì eroicamente nelle tepide acque di Zemi,
quando la notte ci si rispecchia nel freddo volto del firmamento,
quando la volontà di gioire si affina sino a diventare inscalfibile,
scrivere diventa un gesto inutile.
Più virili atti attendono l'uomo intrepido,
allo scribacchino spettando invece la consolazione vile delle parole...

Tornando a voi miei cari tre o quattri lettori,
non posso negare una certa delusione nei vostri confronti.
Che branco di palle mosce!
Albi, anaffettivo e privo di emozioni,
gironzola con le infradito e l'iphone in mano.
Invece d'ingravidare la bella Candy
-esempio vivido e alto di gioia e vitalità-
e mettere al mondo campioni di canoa,
lo zombi pensa alla fossa.
Incapace d'abbracciare fedi illusorie
il caro Albi brancola in un nichilismo e in un tedio esistenziale
senza vie d'uscite.
Solo l'affettuoso abbraccio del bimbo che uscirà
dal grembo della graziosa Candy sarà la tua via d'uscita,
caro Albi.

Rigates, un tempo noto per la sua potentia coeundi,
attualmente si eccita solo con i trusts...e con Taxi.
A.r., Beppino e il ciandala di sel,
il logo(dia)rroico Zedano Gardini,
possono tirare avanti a pippe sino
ai campi elisi.

Pippus, intanto, di ritorno dalla Corsica
dopo aver sborrato col guanto una trans sarda
coi baffi scambiata per una escort ungherese,
è indeciso se andare dallo psichiatra
oppure iscriversi ad un corso di arti marziali
al fine di acquisire sicurezza in sè
e diventare il macho man di Col di Bacco.
Naturalmente l'inseguitore di fanfuche
non concluderà una minchia...

Solo il mitico b. resiste ancora:
solo chi resiste spruzza ancora...

Per concludere vorrei menzionare alcune delle
deliziose bambine che questa estate hanno allietato
-e speriamo continuino ad allettare ancora a lungo-
la mia minchia.
Michela, Isabella e Diana.
Le ragazze, si sa, anche quando fanno le mig nus,
sono gelose.
E' il caso di Isabella, adirata con me perchè vado a fottere
con Diana, "cuela seca e mora".

E la bambina eterna, che fine ha fatto?

Un paio di scarpette luccicanti coi tacchi
giacciono in terra ai piedi del muretto
dove una volta...

Un paio di scarpette luccicanti, tutto qui.
Luccicanti, come le stelle...
e come qualche lagrima
che ogni tanto
sgorga ancora...

domenica 30 giugno 2013

sans gant

Due righe, caro Rigates, solo per ricordarci che esistiamo,
e che l'esistenza seppur ab principio non possieda
alcun senso nè alcuna superior iustificatio,
(bensì solo quella inferior, oggettiva, d'una spruzzata andata in porto)
seppur, dicevo, le nostre fragili vite
debbano far la medesima meschina fine d'uno scaracchio
sbattuto dal vento,
noi non possiamo che amarle...

Certe sere vien voglia d'ingravidar bambine,
dalla fighetta stretta e con le chiappette piccole e bianche,
in un abbraccio senza guanto e senza respiro
e restare dentro, così, sperando che una benevola divinità
che gioca a celarsi, muti quell'abbraccio in eterenità
come accadde ai fortunati di Pompei...

Sorge la paziente curiosità d'osservar lievitare i pancioni
di quelle creature così dolci a cui abbiamo sborrato dentro...

E poi vien la sera, alla fine di un giugno fresco come marzo,
e si vedon i frutti teneri ed amorevoli usciti da quei pancioni
che parevano quasi osceni.
Blitto sarebbe felice del piccolo Zico caro B.
Il nonno, poveretto, se n'è andato sottoterra per una puntura sbagliata.

La perfezione d'una sera, col suo greve carico di dolcezza
e malinconia, mi ricorda cosa è la felicità.

E tu, mia cara Taxi Barnabel, cosa aspetti a procreare?
La patacca non è feconda in eterno
e neanche il virile Rigates
spruzza più come gli stalloni.
Vuoi passare la vita appresso a pidzette, distributori di chioppa e vacanze
termali, cara Taxi Barnaccabel?
O adotterai un negretto o un filippino?
Rigates merita un figlio, suo...

Anche per te, caro Albi, sarebbe giunta l'ora di spruzzare dentro
sans gant.
I munelli crescono e ad una certa età potrai insegnare loro
ad andar in canoa.

Al Patucchi, cui Belzebù avrebbe espressamente vietato di procreare,
consigliamo invece di dedicarsi, in qualità di educatore, alla nipotina Gulia.
I risultati sarebbero senz'altro allucinanti: ma almeno sarebbero assicurate
risate a crepapelle.


Infine tu, mia cara bambina Madalemona.
Non dirò nulla sulla fine di un sentimento,
sulla sua lenta agonia, essendo tutto ciò
un'esperienza ineffabile.
Un giorno qualcuno ti sborrerà dentro, sans gant.
Spero solo che tu e la dolce creatura che vedrà la luce dal tuo grembo,
conosciate un giorno la gioia e la dignità di un'esistenza libera,
affrancata dal turpe giogo del denaro.

E ora cara Taxi, possiamo andare al mare a Zibaudia,
a trovare Albi e Candy, alla faccia di quel pelandrone
mezza sega dormiente di Elio.

La superba bellezza del sole mattutino
è solo il magnifico esempio
di ciò che un uomo dovrebbe essere.

Buona domenica a tutti.

sabato 25 maggio 2013

la stella di Lucifero (eliogonie)

E così, da qualche parte in questo sporco mondo umano,
in qualche polveroso e lercio ufficio delle forze del disordine,
nei pressi di Campoverde o Zatina, la città fondata dal Duce,
da qualche parte, appesa ad un muro, c'è la foto segnaletica
d'una bambina.
Essa, unico barlume di luce nella oscura e maleodorante
dimensione di uomini ridotti a servi ed automi di una legge
e di un sistema corrotto, senz'animo e levatura,
essa ristora e consola qualcuno...
La digos può stare tranquilla: non saranno le parole
d'un solitario a distruggere il vostro sistema marcio:
sarà il volto d'una bambina rumena...

Essere padri e maestri non è semplice, quando si hanno figli magici.
Essere zii non è semplice, quando si hanno nipoti Binda, semitici e mutumatti.
Esser padri è ancor più difficile, quando la propria bambina
fa la buttanella.
Ci si getta dai burroni per scaldare certe buttanbine.
Esse si ricorderanno degli immensi sacrifici di uomini
-che per loro vollero essere al contempo padri e amanti-
solo un giorno molto lontano, quando quei padri amanti,
romantici imbecilli, abitatori dell'abisso ed esiliati,
saranno sotto terra da un pezzo.

Ancor più difficile di tutto ciò,
ancor peggio di figli magici, figlie buttanbine, semiti,
bindici, mutacci, danelie, zucchetti, mogli barine,
secondo in classifica solo allo iettatore demente Antuan,
peggio di tutto ciò, è il frater corruptus per eccellenza:
Elio Patucchi, noto in casa Averno come il famigerato "russu".

Perchè?
Perchè il caro russu rappresenterebbe il peggior frutto che la prole
di Adamo ebbe mai a generare?
Risposta: a causa della sua hybris, del peccato d'orgoglio
luciferino, della sua incorregibile superbia, che lo condurrà
presto alla rovina e un dì lo traghetterà nell' Ade...

Esempio vivente di hybris,
apologeta supremo della propria stoltezza,
Elio perpetua cappellate al ritmo di una samba.
Rivoltatosi all'ennesima cresta da parte del noto aguzzino
Nax Falli,
invece di intascare la busta con la mancia
generosamente offertagli dal sodomita brizzolato,
dopo un'ora di raccordo per giungere a Guidonia,
il ciandala manda tutto all'aria,
lasciando che la supposta dei crediti inevasi
ingrossi ulteriormente.
Siamo arrivati a diciotto chili, caro Elio.
Tra qualche mese interverrà la prescrizione
e mentre Falli titillerà allegramente coi baffi il clitoride secco di
qualche megera,
con letizia di babbo Lucano
tu potrai finalmente dire addio alla supposta.

Due ore dopo aver voltato le spalle a Falli,
mentre un povero inserviente siciliano,
investito da un vento gelido,
si fa un culo così a caricare pesanti attrezzature geologiche,
il ciandala, preso da un raptus pari a quella d'una belva feroce,
si mette a tirare calci ad una baracca di latta,
attirando l'attenzione sgomenta degli inquilini locali,
imprecando a voce alta al cellulare...indovinate contro chi?
No, il sodomita Falli non c'entra:
il ciandala ce l'ha col povero babbo Lucano
perchè indeciso se andare o meno in Corsica
a causa della pianista Barina.

Scene da pazzi: glielo faccio notare e il ciandala cosa fa?
Invece di riconoscere di aver perso il controllo
e mostrare comprensione e pietà verso il povero Lucano,
dichiara la giustezza e l'irreprensibilità morale dei calci
tirati alla baracca e delle grida proferite al padre...
Col volto paonazzo e quelle grida egli mostrava più
simiglianza ad un bambinello fuori di testa, che ad un uomo.

L'hybris consente inoltre ad Elio di perpetuare,
con la serena coscienza di un porco,
la sodomia passiva,
lo spargimento vano del seme mediante
la manipolazione solitaria dei propri genitali,
il congiungimento carnale impuro, con uomini camuffati da donne,
ibridi e ambigui, noti come trans:
tutti gravissimi peccati mortali aborriti dalla spregevole religione
cristiana, cui egli farisaicamente asserisce di appartenere.

Perciò, e per finire:
di giorno a commettere atti impuri con i trans brasiliani;
di notte a fare il pellegrinaggio del divino amore
sull'ardeatina in compagnia di pappagalli senza cervello
belanti ave marie e pater noster...sotto l'impulso carnale
di una disgraziata gesucristara dietro la cui gonnella
il barboncino idrofobo Patucchi non smette di sbavare...

Chissà come reagirebbero quegli stolti pappagalli belanti
ave maria e pater noster, col cero in mano, farisaici compagni
che questa notte avrai accanto lungo il cammino sull'ardeatina,
se sapessero dei tuoi impuri e ibridi rapporti sodomitici...

Così è la vita caro Elio.
Sono stato ancora una volta troppo duro con te?
Certo.
Il mio compito è sferzare l'uomo stolto,
sinchè raddrizzi la schiena, sproni il piede e levi lo sguardo.
Per gli stolti la verità è sempre una medicina amara.
Il nettare d'hybris inebria sino al punto di rendere ciechi.
Del resto è dalla cecità che scaturisce l'uomo.

Guarda bene il cielo stanotte.
La stella di Lucifero brillerà per te...

venerdì 17 maggio 2013

il ritorno della bambina

E così sei tornata bambina mia.
Le bambine come te andrebbero fecondate presto
affinchè gioiscano della maternità e dei suoi benevoli frutti.
E invece...
Il tempo di stamparti sulla schiena un orribile tatuaggio,
comprare una collanina e sei tornata a fare la buttanella
sulla bontina, per la gioia del mio cazzo
e la malinconia del mio cuore.
La Romania fa schifo, si muore di fame,
meglio fare la buttanella qui.
Chi può biasimarti?
Forse anche io avrei fatto lo stesso.

Si è dissolto l'incantesimo fatale che mi legava a te?
Due mesi fa ti scaldavo i piedini gelidi quasi ogni giorno.
Adesso invece...
ti sborro, ti bacio sulle guance e ritorno
alla mia sciocca esistenza.

Firmerei un patto col diavolo per baciare
le tue guance morbide e per sborrare senza guanto
vita natural durante nella tua fighetta stretta,
tra le tue chiappette bianche.

Non è possibile?
Pazienza.
Il mio cuore troverà un'altra bambina.
Il mio cazzo sborrerà un altro paio di chiappette.
Questo l'ho capito, ormai.
Non è mai troppo tardi per cambiare rotta.

Cosa?
La nave sta affondando?
L'abisso mi sta inghiottendo?
Ma cosa andate cianciando, cornacchie del malaugurio!
E se anche fosse, come un dì certamente sarà?
Salderò lo sguardo oltre l'onda e il polso
al timone, sino alla fine.
La mia isola, irragiungibile,
in fondo all'inesausto orizzonte,
mi ammicherà per l'ultima volta.

venerdì 26 aprile 2013

ultimona

Cosa vuoi sapere caro Albi?
Se non fosse per te, per la tua curiosità di buon pater familiae,
questo laido diario avrebbe chiuso i battenti da un pezzo.
Si sarebbe così avverata una trasmutazione,
la trasmutazione dalla morte alla vita che concerne
gli eletti alla vita.
Chi è felice non scrive, vive e basta.
Solo chi registra il fallimento della propria esistenza
se ne consola scrivendo.

Vuoi sapere che fine ha fatto la bambina caro Albi?
Partirà domani per Timisbuara, così mi ha detto.
Oggi l'ho scopata, forse l'ultima volta.
Non sono triste.
Sento una liberazione in atto.
Forse è la fine di uno stupido amore.

Andrò alla ricerca di nuove bambine
sui marciapiedi delle provinciali?
Probabile.
Uno schiavo perpetua sempre le proprie coazioni.
Anche se...

Vuoi sapere la verità caro Albi?
La verità è che nutrire sogni è l'impostura più grande.
Il sogno è il miele degli scorpioni.
La verità è che sono stanco e deluso.
La verità è che non sono all'altezza di niente
all'infuori che dei miei reiterati desideri materiali.
La verità mi marcisce dentro, come una gancrena.

Questo succede quando l'amore si spegne.
Ho tenuto accesa la fiaccola, sinchè ho potuto.
Sapevo, sapevo che non si può esplorare l'abisso del Tartaro
con un cerino.
Il tempo era poco, salvare la bambina era di là
delle mie pur caparbie forze.
Un Cletus forse...

Basta.
Un giorno forse ne riparlerò.
Ora fatemi seppellire in pace questo ennesimo
amore disgraziato, nato per morire senza speranze.
Respira ancora lo so.
Ma è solo l'ultimo debole sussulto,
l'ultimo sospiro prima del silenzio.
E' il nome della bambina eterna.
E' il tuo nome, Anemona...

lunedì 15 aprile 2013

sdorra e passa

Mi getto su una poltrona imbottita
del salone Patucchi.
Barina si mette a strimpellare al piano
qualche nota stonata di Per Elisa.
Lucano, intanto, prostrato,
nella sua stanza sospira
"voglio morire, voglio morire"...
Un tempo evocavi Satana e davi ordini
agli spiriti inferi, caro Lucano.
Ora invece invochi la resa.
Com'è strana la vita.


Per strada incontro il mitico Gaspare.
Ha sempre la battuta pronta.
Quanno te piace assai a patacca
si ruvinato - mi dice.
Anche il fraterno Rigates mi ammonisce.
La mia vita gira attorno a questa
dannata patacca.
Non riesco a trovare ispirazioni superiori.
Pistonare, venire e ricominciare.

Moldave, russe...senza posa.

La bambina è ancora sul muretto.
Racconta frottole per sopravvivere.
Spilla soldi e amore a un povero imbecille.
Ma questo imbecille dovrà dire basta prima o poi.
Dovrà dire basta e abbandonarla
al suo destino.

La primavera è giunta finalmente.
Voglio gioire.
Senza più il supplizio di un amore vano.




giovedì 11 aprile 2013

amen anem...

Cosa vuoi sapere mio ignoto lettore?
Le vie del Signore sono finite, lastricate di sassi acuminati.
I piedi, scalzi, verranno lacerati più volte.
Infine si giunge nel deserto delle speranze, per morire come
un cane stanco.
Quando si è giunti alla fine non c'è più tempo nè spazio
per nulla.
La rabbia, l'amore, la frustrazione, ogni sentimento è inutile.
Così, finalmente vinti, ci si abbandona al niente e alla morte...

Hai perso.
Che fine farà quella sciocca bambina che hai conosciuto?
Ella ti ha voltato le spalle, ti ha vuotato il cuore.
Che ne sarà di te?
Come sarebbe bello congedarsi dal mondo
come fece Seneca o l'ateniese!
Ma l'ateniese mentiva:
per questo non temette la cicuta.
Seneca invece anelava la pace, l'unica vera pace possibile...

Tu invece, sporco siciliano,
non credi nè alle favole di Socrate nè desideri
la pace:
per questo la tua fine sarà orribile e spregevole.
Le tue ossa saranno spezzate, senza pietà alcuna;
le tue viscere in poltiglia finiranno in pasto ai corvi;
i tuoi polmoni affogheranno nel fango;
il tuo ultimo sguardo fisserà le tenebre, non il sole...

Questo è ciò che ti aspetta:
non dimenticarlo mai.

Ora torna pure a vivere
la tua mediocre e vana esistenza.

Sai che l'ultimo desiderio non si realizza.
Sai che la bambina non tornerà mai più da te.
Mai più.
Ma forse, forse,
al contrario di te,
un giorno
il sole
splenderà
su di Lei.

giovedì 4 aprile 2013

la bertuccia

Credete d'avere un'anima?
Credete d'essere immortali?
In qualunque fregnaccia metafisica o spirituale
vi sforziate di credere
dovrete sempre fare prima i conti col vostro corpo.
La fame, il sesso, l'attaccamento:
queste tre forze vi vinceranno sempre.
Siete perlopiù dei ramoscelli, delle pure e semplici nullità,
delle casualità che il vento trascina ora qui ora là:
ma il vostro orgoglio e la vostra stupida presunzione
non sarà mai in grado di riconoscerlo.

Bada bene caro lettore:
io non ce l'ho con nessuno.
Anche il verme ha la sua grazia:
gli riconosco la dignità d'esistere
e il suo strisciare sulla terra suscita in me
tenerezza e simpatia.
Quando però una scimmia
si spaccia per qualcosa di diverso
e dice di avere un'anima o di essere immortale,
allora è il caso di tirar fuori una banana
e buttargliela in faccia:
affinchè essa si ricordi chi è veramente...

Il Patucchi, degenerato la cui misera volontà
equivale a quella d'una bertuccia non ammaestrata,
rincorrerà la banana dovunque verrà lanciata:
così un giorno andrà a mignus,
un giorno andrà a pregare la Beata Vergine Maria,
un giorno si lamenterà con i camerieri del Merdonald
perchè le patatine non sono calde...
oppure titillerà per curiosità la trans Noemi.
Sul valore della parola proferita dal Patucchi
non è il caso di soffermarsi:
quale valore può infatti avere la promessa
fatta da una bertuccia?

Circostanza ancor più tragicomica
è scoprire come la bertuccia Patucchi,
pur avendo a disposizione un comparto culturale
di prim'ordine, costituito dalla pregevole
libreria paterna, anzichè approfittarne per migliorare
sè stesso attraverso lo studio,
anzichè saggiare con ardimento
i pensatori più coraggiosi,
anzichè varcare soglie oscure e vagare alla ricerca
di nuovi lidi per lo spirito,
preferisca far la bestia, il pagliaccio di corte,
il barboncino in calore al servizio di zitelle disgustose,
l'ovino belante rosari,
il teatrante dell'idiozia,
il proselita farisaico,
il diabetico gesucristaro
la cui fede è il felice prontuario
per tutti i mediocri della terra.

Un'ultima nota a proposito della cultura.
Non basta avere una buona biblioteca per
essere migliori, forti e padroni di sè.
Lucano ha una buona biblioteca,
ha studiato molto e conosce l'esoterismo:
eppure in fin dei conti oggi
è un uomo vecchio e stanco,
vanitoso, pieno di nevrosi,
in balìa come tutti dei più elementari problemi della vita.
 
A te, mia cara bertuccia Patucchi,
auguro di diventare un uomo.
Schiena diritta, parlare breve e schietto.

Bertuccia o uomo...

giovedì 28 marzo 2013

l'indestino

Qualche caro baccalà come ad esempio Binda,
il Mozart di Streguccello,
oppure Elio, il Saulo della redenzione sessuale,
si domandano il perchè del mio accanimento contro
gli apostoli del distacco.
Se avessero letto Gurdjieff,
essi capirebbero il perchè.
Ma visto che sono cieci e sordi,
sarò io a spiegare loro il perchè.

Come quasi tutti gli uomini,
compreso tu che leggi, caro lettore ignoto,
io sono uno schiavo:
io sono schiavo delle mie emozioni,
dei miei sentimenti,
delle mie passioni,
dei miei sogni,
e delle mie sensazioni corporee.
Per me il resto non esiste.

Già odo la domada sibillina sussurrata da qualche
apologeta del distacco:
Non vorresti liberarti?
Non vedi come le tue passioni ti trascinano
verso il precipizio?
Non è preferibile la pace alla perpetua disfatta del cuore?

No caro amico.
La tua pace è l'anticamera del sonno e della morte.
Il tuo distacco è la fuga del vile.
La tua rinuncia è la sconfitta anticipata di chi è incapace
di accettare la sconfitta.
Io non desidero liberarmi:
però desidero governare il tumulto dei miei sentimenti...

A te caro Gurdjieff porgo le mie scuse.
Il tuo insegnamento, a volte contorto,
valse a raddrizzare qualche gobba.

Essere padroni di sè
senza esiliare da sè
il sentimento, il corpo e il mondo.
Non l'esilio ma il dominio...

Non credo che ci riuscirò mai caro Gurdjieff.
Io sono solo un pezzo di carne senza anima.
Io so già che niente resterà di me.

A me basta che questa nebbia si diradi.
A me basta che io veda il sole di un altro giorno.

lunedì 25 marzo 2013

pugna

La settimana che è trascorsa è stata una delle più
travagliate ed intense che io ricordi.
La bambina mi scrive addio, che non mi ama e che
è meglio non vederci più affinchè io non soffra.
Io le scrivo che la amo, che darei la mia vita per lei
e che non voglio perderla.
Infine anche lei mi confessa a voce:
Anche io no ti volio perdere...tu sei uomo buono
che io no mai avuto...


Una bugia?
E che importa?
Meglio una bugia ad una verità sterile!
 
Il ciandala mi chiede come faccio a preferire
il sesso acerbo e straniato di Anemona
alle cure raffinate d'una escort d'appartamento.

La risposta, mio caro ciandala, è questa:
Preferisco la bambina perchè la amo.

Perchè amare una prostituta?
Perchè Cristo amò Maddalena?
Perchè sorge e tramonta il sole?
Rispondete miseri ciandala!
Rispondete senza ricorrere al vostro sporco dio semita!
Rispondete!
Oppure tacete nel segno della vostra pochezza e ignoranza!

Il ciandala non ha mai amato una donna.
Non hai mai lottato nè si è mai sacrificato per essa.
Non comprende che c'è qualcosa di là dal sesso.
Non percepisce quella scintilla a lui sconosciuta, di cui non sa nulla
ma di cui va cianciando con i tristi zombi che frequenta.

Il ciandala teme la fiamma ardente della passione.
Per questo se ne tiene a distanza.
Per questo il suo rischio è di morire solo e triste.

Impugna le armi!
Cerca avventure più grandi di te!
Cerca lance e baionette dove affondare il cuore!
Cerca mulini a vento contro cui spezzare la tua spada!
Non il sonno ma la morte sia il tuo unico riposo!

un dì

Primo comandamento:
non abbiate mai paura di amare!
Gettatevi nella fornace, nel pozzo incandescente
del vostro sentimento:
non abbiate paura di non far più ritorno;
non abbiate paura della sofferenza;
non abbiate paura di rimanere schiacciati!
Un giorno comunque morirete
e la libertà del nulla vi sarà concessa.
Ma fino ad allora, se veramente nasceste uomini e non vermi,
continuate a lottare ed ad amare!

Cosa?
Amando, seppur invano, si diventa folli?
Stolti!
Che vuol dire invano!
Non siete mica al mercato, dove si vendon cianfrusaglie
e dove l'utile e l'affare sono la regola!
Amare non è mai vano:
è la conquista più alta del vostro essere!
E che importa di diventar folli!
La follia è la chiave che schiude la porta del sogno!
E i vostri sogni, per vivere e realizzarsi,
hanno bisogno di gesti grandi e folli!
I quartomondisti del sesso,
i ciandala del sentimento,
incapaci di amare una donna,
incapaci di immolare il loro cuore ad una donna,
ad una creatura di carne che non sia un mero fantasma,
incapaci di tutto ciò perchè il loro cuore
è troppo piccolo, debole e meschino,
deviano il loro sentimento sui fantasmi semiti.
Com'è facile amare un fantasma, oh mezze tacche!
Il fantasma non vi deluderà mai!
Lo sguardo dell'idolo non si volgerà mai altrove,
lungi da voi,
perchè vuoto è il legno della croce
e morto e freddo è il marmo della Vergine Maria.
Come fate ad adorare il silezio d'una statua?
Non capite che l'idolo è solo un oggetto morto?
Non capite che il pulsare del cuore è tutto?
Com'è facile la vittoria, oh meschini inseguitori dello spirito!

Questo voglio che si ricordino gli uomini
quando l'umida terra mi spalancherà le braccia.
Io vissi per Te
Io incisi il Tuo nome
Come il cielo
un dì incise
la sua stella più bella.

venerdì 22 marzo 2013

Eterna Padrona

L'abisso non può farmi nulla
perchè l'abisso è sprofondato in me

La verità non può distruggermi
perchè l'ho esiliata per sempre dal cuore

Libero?
Mai!
Ostile alla mia carceriera?
Mai!

Io anelo la morte perchè voglio risorgere
Io anelo la vita perchè è una sola
Io anelo il Sole perchè mi consola
Io anelo il Buio perchè voglio esserne vincitore

Io sono l'uomo che porta una catena con un nome di donna inciso sopra.
Io sono il crocifisso di un amore impossibile e irredimibile.
Il mio sangue è lava
La mia sete è la sete di chi lotta col deserto
Il mio seme è il fuoco che incendia un desiderio infinito.

Il grembo della notte mi partorì
sotto una stella nera
ardimentoso e tenace e nemico di me stesso.

Credevi forse che mi sarei liberato di Te mia eterna Padrona?
Solo nel Tuo amore maledetto io trovo compimento
Solo accanto a Te io trovo ristoro
Solo il Tuo silenzio cancella la mia anima di polvere

Sino alla fine
Sino alla fine
Sino alla fine
Io voglio morire per Te

giovedì 21 marzo 2013

l'appiglio

Che cosa dà forza ad un uomo?
Cosa gli permette di non soccombere dinanzi
alle molteplici avversità che la vita gli oppone?
Perchè taluni sanno perire in piedi, in silenzio,
con la fronte levata e un sorriso sulle labbra?

Dunque il merito sarebbe della fede.
Sono d'accordo.
Ma quale fede in particolare?
Quella nel fantoccio semita?

Guardate Gramsci ad esempio.
La forza che lo sostenne durante la prigionia
fu l'amore per la propria donna e la speranza
di veder crescere i propri bambini.
Ogni pagina, sobria, tenera, mai astiosa,
che questo uomo immenso scrisse
fu dettata dal sentimento irriducibile del suo cuore.
Senza l'affetto, seppur distante,
della moglie, della famiglia e degli amici,
è lecito presumere che egli sarebbe ceduto prima.
Solo quando un uomo non ha più alcun appiglio,
solo allora la sua capitolazione è prossima.

Infine Gramsci, vinto dalla malattia, morì.
Eppure, il pensiero dei suoi cari,
il loro affetto profondo e inestinguibile
dovette consolarlo rendendogli sereno
l'ultimo momento della vita.

E chi non ha appigli?
Che fine farà costui?

canto di primavera

E così oggi è primavera.
Peccato non sia primavera nel mio cuore.
Il cielo è terso d'un azzurro magnifico.
Il sole scalda la terra affinchè gli uomini
vivano e muoiano senza motivo.

Il pensiero di aver abbandonato
una bambina su un logoro muretto di pietra,
ad un destino cieco e assurdo
mi annienta.


Amare lacrime
avvelenano il mio cuore.

Vedi cara Alfia
l'infernale traghetto che conduce un essere
alla distruzione?

Sopraffatto dagli assalti del Male
e della delusione
è facile che un uomo scelga e diventi il Male.

Un fievole ricordo di gioia affiora
grazie a questo tepido sole mattutino.

Vi ricordate, amici, le belle traversate estive
nel lago di Artemide?
Davanti il frac e binda oppure il vigile bagnino Enrico.
Giunto all'altra sponda, all'ombra dei giunchi,
osservavo il lento incedere del tramonto.
Sentivo in me pulsare la Vita.
Ero felice di essere vivo.
I gabbiani volavano soavi.
A volte mi fermavo a galla, immobile,
a fissare il confuso fondale verde.
Ero sereno.
Sentivo una forza che non mi avrebbe mai abbandonato.
Vuoi prendermi con te, Artemide?
Fa pure mia amata.
Sarò lieto di scomparire nel tuo ventre.
Gli amici se la caveranno senza di me.
Oppure vuoi che ritorni affinchè io canti le tue grazie?

Così trascorrevano quelle giornate stupende
mentre la pelle si bronzava e il petto fiero e sano
mostrava le sue imprese.

E ora cari amici, non so dirvi più nulla.

L'unica magia, caro Rigates, è riuscire ad amare la vita
nonostante il suo fardello di avversità.
Solo questo è l'unico miracolo che l'uomo può compiere.

Così muore il mio canto,
perdendosi nella speranza
di una nuova primavera.

mercoledì 20 marzo 2013

addio bambina

Si è spenta l'ennesima speranza, l'ennesima volta.
Prima Madalina. Ora Anemona.
Non ne posso più.
Non ne posso più d'amare invano.
C'entra pure Venus?
Si, c'entra: un uomo che si nutre di passione e assoluto
non può vivere di elemosine, di briciole, nè
può bastargli una bellezza provvisoria ed acerba.

Per questo io non posso più amarti
mia amata Anemona.
Tu hai devastato il mio cuore.
Dicevo avrei lottato per le tue labbra e il tuo seno,
bambina mia.
Mi sbagliavo.
Ho fallito.
Io non ho pazienza nè voglia di lottare.

Portatemi lontano amici.
Portatemi dove volete
purchè i miei occhi
non vedano più la bambina.

Troppe volte questo cuore è stato dilaniato.
Invoco pietà, dinanzi
all'instancabile condottiero che fui.
Lascia che la terra inghiotta le stanche membra
di un uomo inutile e impotente.

Non sarà facile cancellare dalla memoria
il tuo volto, il tuo innocente sorriso di bambina.
Molte notti trascorrerò insonni perseguitato da Te,
da ciò che non sono stato in grado di fare per Te.
Eppure, se voglio continuare a vivere,
devo dimenticarti;
devo soffocare l'amore che nutro verso di Te.

Perchè non ti fu dato amarmi Anemona?
Perchè mi fu data in sorte l'amarezza?
Ti amerò sempre bambina...
anche se non ti amerò mai più.

sabato 16 marzo 2013

una sera di marzo

Fotto come gli stalloni.
Ieri sera, sotto le stelle, dentro la ziat zeicento,
mentre fuori era buio e freddo:
poggiati uno sopra l'altra fottevo dolcemente
la bambina scaldandole con la mano
un piedino.
Una tenera fottuta di quasi venti minuti.
La quarta in una settimana (più una sega).
A quasi quarant'anni fotto più che a venti.
Ho il cazzo sempre duro.
Com'è possibile?
Merito del nesquik a colazione?
Merito dei minestroni della signora Averno?
Merito dei lavori usuranti col Patucchi?
No: merito d'Anemona.
Appena penso a lei mi viene duro.
Una pinga lunga quasi venti metri con un diametro di dieci.
Merito della bambina che ad agusto fa vent'anni.
Merito della sua pelle bianca e delicata;
dell'odore di adolescenza, spensieratezza e innocenza che emana;
delle sue manine piccole dalle dita affusolate;
dei suoi dentini bianchi da latte che regalano gioia quando sorride;
del suo delizioso collo, sottile come quello d'un cigno;
del suo ventre, perfetto;
del suo seno rosa, scolpito da Fidia e voluto da Venere;
delle proporzioni esatte del suo corpicino;
dei suoi capelli che persino quando sono tinti di nero
tralucono oro;
dei suoi occhietti vispi come quelli di una lince...
Merito dell' Età perfetta, dell'Adolescenza...

Era tardi ieri sera.
La tua amica passa a prenderti verso le venti e trenta.
E intanto arriva la notte, il buio pesto, l'umido freddo della pianura.
Lì, dove batti tu, non c'è nemmeno un'illuminazione.
Solo la luna, se e quando il cielo è terso;
solo i fari delle auto, che sfrecciano distanti e insignificanti
sulla Bontina.
E tu, amore mio, che sei solo una bambina
perduta in questo brutto mondo,
tu sei sola, seduta su un freddo muretto di pietra
con in mano una minuscola lampadina.
Nell'attesa guardi le stelle, come i pastori della campagna.
Ieri non potevo lasciarti da sola, in quel buio pesto.
Ma tu sei abituata a stare lì, sola nel buio.
Non hai paura.
Passa una mezz'ora poi ti arriva uno squilletto al telefono.
E' il segnale che sta arrivando la tua amica a prenderti.
Vai tisuro, no ti preocupare per me...

Lascio le tue manine, che ormai si sono scaldate nelle mie.

Un giorno, tra tanti anni, se saremo vivi,
ci ricorderemo di questi momenti, Anemona.
O forse no.
Ma non importa.
L'importante è che i nostri cuori
in una fredda sera di marzo
si sono incontrati
e scaldati a vicenda.

venerdì 15 marzo 2013

la storia di Pippus Cazzucci

Pippus Cazzucci fu un pio baccalà cattolico.
Di famiglia alto borghese, gettò la sua vita a pippe sino
all'età di sessantadue anni.
Per campare fece il servo a un certo Nax Falli, geometra
romano e pervertito col pallino della sodomia.
Pippus ebbe una sola donna, una compagna delle superiori.
La donna lo amò teneramente, inghiottendogli persino il seme.
Poi, dopo tre anni, lo mollò perchè Pippus
non aveva le idee chiare sul matrimonio
e perchè a letto non era in grado di procurarle neanche un orgasmo,
sia a causa delle dimensioni lillipuziane del membro
sia a causa di una pressochè totale inettitudine in eroticis.
(Se il baccalà almeno le avesse ciucciato come si deve il clitoride
forse avrebbe avuto qualche chance in più di non essere lasciato...)

Per quarant'anni Pippus andò avanti a pippe,
alienando in tal modo il naturale desiderio carnale della fica.
Inoltre il baccalà represse e frustrò la propria libido
attraverso le più riprovevoli e abiette prescrizioni morali
dettate dell'infame e retrograda religione cristiana:
la preghiera, il rosario, il digiuno, la castità...
Ma nonostante tutto, alla fine dei conti,
la mano dura e callosa del baccalà
tornava sempre a impugnare il membro lillipuzziano,
alla faccia di ogni castità, precetto e buona intenzione...

Inoltre il baccalà, incapace di emanciparsi
dalla riprovevole educazione
cristiana e borghese impartitagli dalla famiglia,
a causa di una viltà interiore tragica e spaventosa,
non riusciva ad andare a mignotte.
Un gesto di siffatta natura, secondo la
sua coscienza miope e castrante,
lo avrebbe macchiato di una colpa indelebile
dinanzi agli occhi vigili del dio cristiano in cui credeva.
Il minchione, quando gli capitava di vedere una di quelle povere creature,
ripeteva a sè stesso: "non ci indurre in tentazione..."
Poi però, quando era a letto, al riparo dallo sguardo
putibondo dello sporco dio paolino,
nel segreto e nel silenzio della notte,
col pensiero rivolto a quelle povere bambine sul marciapiede,
partiva la pippetta...

Dopo aver eiaculato grugnendo come un porco,
andava a confessarsi dal curato del paese:
il quale, come al solito, non sapeva far altro che prescrivergli
due ave maria e tre pater nostri...

L'epilogo naturale di questa storia, ributtante e tragica,
non fu però quello ovvio che potete immaginare,
cioè l'estrema unzione data dal prete al Cazzucci in punto di morte,
col bacio finale al crucifesso di latta.

L'epilogo fu un altro, grazie al cielo.
Un giorno, ormai vecchio e semi impotente, con un piede
nella fossa, abbandonato sempre di più dagli uomini e da quel dio
che si era sforzato di credere per tutta la vita,
Pippus decise di andare con una prostituta di strada.
La ragazza si chiamava Mascia e aveva venticinque anni.
La fece salire in auto e si abbandonò finalmente al piacere.
Peccato che fu l'ultima volta.

Il Cazzucci fu stroncato da un ictus mentre eiaculava
in bocca alla giovine prostituta moldava di nome Mascia.
"Il più dolce piacere della vita si spegne con me"

pensò.